mercoledì, aprile 11, 2007

Blonde Redhead - Misery is a Butterfly

REIUSSED ALBUM: Blonde Redhead
Misery is a Butterfly (4ad - 2004)

Il 2004 è stato e rimarrà un anno cruciale per i newyorkesi Blonde Redhead. In quell’anno infatti, il trio formato dai due fratelli di origini Italiana Amedeo e Simone Pace e dalla giapponese Kazu, ha visto sia la pubblicazione dell’ultimo lavoro che il tribolato cambio d’ etichetta. Dopo anni sotto la Touch And Go, il trittico si è accasato presso la 4ad, etichetta già sponsor di Pixies e Cocteau Twins ( solo per citarne alcuni ).

Immediatamente il connubio ha concretizzato la stampa di “Misery Is A Butterfly”, quello che possiamo definire ( a detta degli artefici ) il progetto più dispendioso del gruppo, e a mio giudizio il meglio riuscito. Abbandonate da tempo le sonorità noise, i Nostri hanno ormai sposato la causa della melodia.

La New York dei Blonde Redhead è il posto più lontano che possiate immaginare dal mondo fatto di sfilate, paillettes e lustrini degli Strokes. E scordiamoci pure Yeah Yeah Yeah, Lairs o chiunque passi sotto i riflettori del mainstream. Scordiamoci l’asetticità di certe costruzioni, tutte vetro metallo e plastica.

“Misery Is A Butterfly” non si addice all’immagine che abbiamo di New York. E’ semmai colonna sonora ideale di periferie suburbane decrepite, ai limiti della povertà. Barocchismi architettonici che forse sono più facilmente riscontrabili nel vecchio continente di fine ‘800, piuttosto che nella capitale Statunitense, si scorgono dietro le impalcature sonore. L’Europa del decadentismo, probabilmente, è lo scenario che meglio si accosta al disco, sia dal punto di vista delle immagini emotive che dal punto di vista delle sonorità. Letta in questa chiave anche la foto in copertina risulta appropriata: un ritratto di ragazza tra il vecchio e l’antico e per sfondo, un incrocio tra carta da parati ammuffita e piume di struzzo, simbolo per antonomasia della decadente borghesia europea snob.

Il disco presenta almeno due raggruppamenti di canzoni, in questo comune denominatore sta l’organicità dell’opera. Entrambi i momenti trasudano un appassionato amore per lunghe parentesi musicali, una forte incidenza della batteria (come loro abitudine) e un alto valore patetico nella parte cantata.

Il primo gruppo è caratterizzato da un alto ritmo e predilige come linee guida il piano e pulite chitarre elettriche pizzicate. In questo ambito la voce melodica, pulita e predominante, accosta sensibilmente il disco ancora una volta all’ Europa ed in particolare all’Italia. Tradendo in questo senso l’apporto etnico nostrano dell’ italico duo, anche se i toni rimanendo acidi, ai limiti dello stridulo, ribadiscono l’influenza orientale della nipponica Kazu.

L’ultima parte dell’album subisce maggiormente la correzione elettrica avvicinandosi a certi lavori dei Portishead, o all’ ultimo da solista di Beth Gibbson. Le liriche poeticamente malinconiche, denunciano abbandono esistenziale ( “… I know a ghost will walk throug walls yet I’m just a /man still learning how to fall...”, da “Falling Man” ) e una disincantata visione della vita.

Un disco intenso, emotivo e profondamente malinconico.
Togliendo al gruppo di Thom York metà elettronica, se i Radiohead fossero capitanati da una giapponesina ipercreativa (senza nulla togliere ai fratellini Pace) e se fossero di New York, Ok Computer suonerebbe esattamente così.

Similar Artist: Pit er Pat, Enon, Radiohead
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Mp3:
Misery is a Butterfly